Teatro

'Oggi vi vogghiu cuntari' ravviva l'estate catanese, fra modernità e tradizione

'Oggi vi vogghiu cuntari' ravviva l'estate catanese, fra modernità e tradizione

Il ritorno alle origini, chiave di lettura per meglio comprendere il presente, sarà il tema conduttore della rassegna: sei spettacoli tra il 7 luglio e il 4 agosto alle 21 nel cortile del Castello Ursino di Catania, nell'ambito di "Estate in città", il programma di rappresentazioni estive 2016 organizzato dal Comune di Catania.

Sin dai tempi più remoti, la vita culturale dei nostri antenati si è intessuta del fondamentale apporto di quei racconti orali - denominati in dialetto siciliano ‘cunti’- che, pur non essendo contemplati nella tradizione ‘alta’ per l’evanescenza legata al loro modo di fruizione e la semplicità degli argomenti trattati, rappresentano un mattone fondamentale nella costruzione dell’identità collettiva popolare. Sono le storie di persone umili e con pochi mezzi materiali, tuttavia pronte a lottare -oggi come allora- contro ogni forma di sopruso o di oppressione a difesa dei diritti di tutti, quelle che a breve saranno messe in scena per l’estate  catanese, con la collaborazione dell’ Associazione culturale Gammazita, nel suggestivo scenario monumentale di Castello Ursino, in un programma caratterizzato dall’accostamento tra forme e generi del tutto diversi tra loro: commedia dell’arte, opera dei pupi, teatro sperimentale e d’avanguardia, teatro-canzone, circo di strada.

Un allestimento pensato nell’intento manifesto di catturare e incuriosire le generazioni più giovani, spesso dimentiche delle origini, alla riscoperta di un passato niente affatto polveroso, che rivive materializzandosi nelle vicende presenti ed attuali: come nella tradizione cui s’ispira “Gammazita in love”, al debutto il 7 luglio, secondo cui la giovane catanese del titolo, di nome Gammazita, all’epoca dei Vespri siciliani, avrebbe scelto di sacrificare la vita pur di non cedere alle avances di un molestatore angioino.

La particolarità che rende innovativo questo lavoro, interamente sceneggiato e prodotto dall’Associazione Gammazita, come esito finale di lunghe esperienze laboratoriali, risiede nella sua struttura formale, che riproduce contenuti e aspetti tipici della commedia dell’arte: come variante alla trama originale, viene introdotto il lieto fine d’obbligo secondo tale genere artistico, dove l’attenzione del pubblico va incanalata, piuttosto che sull’esito della vicenda drammatizzata, verso le trovate, gli espedienti e le battute realizzati dagli attori all’impronta sulla base di un canovaccio.

Due storie di vita vissuta, segnate dalle ingiustizie perpetrate a seguito di oscuri retaggi ancestrali ancora presenti nella Sicilia più retriva, sono l’argomento di altrettanti monologhi sperimentali, rispettivamente  “Patrizzia, la vera storia di una sensation seeker”, scritto e interpretato dal poliedrico attore e violinista catanese Savì Manna, con il patrocinio del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, in programma per il 12 e 13 luglio, e “Terra di Rosa”, pezzo interamente ideato, diretto e messo in scena da Tiziana Francesca Vaccaro, giovane catanese d’esportazione, unica protagonista sul palco il 26 e 27 luglio prossimi.

Entrambi gli spettacoli traggono spunto dalla dolorosa osservazione di quelle realtà ai margini, molto frequenti negli angoli più poveri e dimenticati di certa Sicilia, dove è facile imbattersi in alcuni tipi umani ricorrenti, oscuri personaggi che si arrabattano, conducendo una vita al limite, oppure scontrarsi con storie di maltrattamenti domestici o di violenza familiare: fenomeni  radicati in un’ignoranza atavica oltre che nella comune miseria in cui versano tutti quei territori periferici dell’opulenta società capitalistica occidentale, dove chi, per diversi motivi, non sa stare al passo, viene semplicemente dimenticato dal mondo cosiddetto ‘civile’.

E se con l’assurda vicenda della pescivendola Patrizia si sconfina nel pericoloso ambiente dei ‘cacciatori di sensazioni forti’, per i quali la ricerca di esperienze adrenaliniche, ai confini del lecito, è motivo stesso di vita, nel monologo “Terra di Rosa” possiamo invece apprezzare il coraggio di chi è riuscito a redimersi attraverso aspre lotte da un contesto sociale svantaggiato, contando sulla forza di un talento che ha del geniale: ci riferiamo alla celebre cantautrice folk Rosa Balistreri, le cui traversie biografiche, di gran lunga eccedenti la più sfrenata fantasia romanzesca, sono state drammatizzate nel suddetto spettacolo dalla Vaccaro - già vincitrice dell’ultima edizione del concorso TeatrOfficina  organizzato da Semeion Teatro a Settimo Milanese- nell’intento di dimostrare quanto le tragedie individuali possano essere incanalate positivamente, donando corpo e sostanza alle arti espressive.

Questo strenuo impegno degli uomini dabbene contro le ingiustizie sarà ancora il tema centrale de “La tragedia di Riccardo III”, spettacolo di teatro di figura della Marionettistica Fratelli Napoli in scena il 19 e 20 luglio, fondato sulla mirabile fusione tra il dramma shakespeariano e i caratteri dei paladini di Francia, tradizionali protagonisti dell’opera dei pupi.

Da rilevare, nel riadattamento, la perfetta sovrapposizione tra il personaggio del perfido gobbo di Gloucester, il Riccardo III di cui sopra, con la figura del ‘cattivo’ per eccellenza all’epoca di Carlo Magno, il traditore Gano di Magonza, in una sostanziale continuità tra epos medievale e tragedia moderna all’insegna della lotta per affermare un ordine del mondo migliore.

Toni più lievi, non per questo meno impegnati, in chiusura della rassegna, con il circo di strada di “Lumie”, sorprendente performance di e con il funambolico Francesco Mirabile, in programma l’1 agosto, e il teatro-canzone del 4 agosto con lo spettacolo “Fimmine e fimminazze” di Alice Ferlito (voce recitante) e Giampaolo Terranova (musiche e percussioni), un ricordo tra serio e faceto dei mille modi in cui si può essere donna, spesso purtroppo misconosciuti e travisati da una società che fatica ancora a comprendere, attribuendole il giusto merito, ‘l’altra metà del cielo’.